06 Dicembre 2010
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13° Thessaloniki Documentary Film Festival 2011 |
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13mo Festival Internazionale del Documentario di Salonicco
11-20 marzo 2011
I documentari rappresentano un genere che ha avuto una grandissima importanza nella storia e nella formazione della cultura espressiva del cinema. Si può persino affermate che la documentazione cinematografica è fra i generi che hanno contribuito a fondare il linguaggio cinematografico visto che, i primi film, ruotavano attorno o alla riproposizione di testi teatrali o alle collane d’immagini che testimoniavano grandi eventi - incoronazioni, funerali di personaggi famosi o inaugurazione di grandi esposizioni – o offrivano allo spettatore immagini di luoghi esotici. Si racconta persino, anche se l’episodio non è sufficientemente documentato, che la prima carrellata, uno degli elementi fondamentale del linguaggio filmico, sia stata inventata casualmente da un operatore della società dei fratelli Lumière che ebbe l’idea di mostrare Venezia montando la cinepresa su una gondola e facendola navigare fra calli e campielli. Nonostante tutto questo per lungo tempo il documentario è stato considerato una sorta di fratello minore del cinema narrativo e gli sono state dedicate pochissime rassegne, soprattutto se comparare alle moltissime rivolte al cinema di finzione. Il primo merito del Festival del Documentario di Salonicco, fratello tutt’altro che minore della rassegna rivolta ai film narrativi che si tiene in questa città a dicembre, è mettere sotto i riflettori opere che solo di scorcio entrano nei programmi delle maggiori rassegne.
Se si considera, poi, che quella di quest’anno è la tredicesima edizione, per cui questa manifestazione nasce quando il genere era commercialmente risorto da poche stagioni, grazie al lavoro di Michael Moore (1954) che ha presentato Roger & Me è del 1989, si coglie appieno il valore della proposta. Valore confermato sin dalle prime proiezioni, in particolare da Agnus Dei: Lamb of God (Agnello di Dio) della giovane messicana Alejandra Sánchez che ha seguito il dramma di Jesús Romero, ora studente universitario, ma che, quando era undicenne, ha subito gravi abusi sessuali da parte di un sacerdote omosessuale. Il film si muove su due binari: la denuncia della violenza, la complicità delle gerarchie cattoliche che tentarono di negare, sino all’ultimo, l’evidenza dei fatti, e l’impatto morale e psicologico che l’evento ha avuto su una famiglia profondamente religiosa. S’inizia con il racconto del giovane che ripercorre il rapporto con il prete, la fiducia con cui la famiglia glielo affida, le varie tappe che trasformano il rapporto da quello insegnante – discepolo a una vera e propria relazione amorosa. E’ un lavoro di grande pregio che mette in luce sia il dolore del giovane e dei suoi genitori, sia il muro di gomma che la Chiesa e la magistratura oppongono alle loro richieste d’indagine. Un’opera che ha il merito di condurre l’analisi dei fatti e lo scandaglio delle psicologie senza clamore, ma con lucida determinazione. Un atto d’accusa che svela un orrore indicibile, ben rappresentano dalle fotografie pedofile che il sacerdote ha scattato all’adolescente.
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