37° Festival Internacional del Nuevo Cine Latinoamericano 2015 - Pagina 4

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37° Festival Internacional del Nuevo Cine Latinoamericano 2015
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Ti prometto anarchiaOggi sono stati proposti titoli, soprattutto quello diretto dal regista cileno Pablo Larrain, che hanno buone possibilità di ottenere qualche premio. Omosessualità, thriller e rapporti difficili tra emarginati sono i temi principali di tre opere quantomeno interessanti, storie molto presenti nel cinema latinoamericano che si interroga su diversità, desaparecidos e Chiesa vista come mondo in cui alle volte il peccato si annida nelle persone che dovrebbero giudicare i penitenti. Te prometo anarquía (Ti prometto anarchia) del quarantenne guatemalteco Julio Hernández Cordón, noto soprattutto per il suo film del debutto Km. 31 (2003), è una coproduzione messicano - tedesca che vorrebbe essere di denuncia del mercato illegale del sangue ma che si limita a raccontare e far vedere il grande amore omosessuale tra due adolescenti, amici da sempre. Accettabile come impostazione, non trova un finale plausibile e si perde in ingenuità forse accettabili in un debuttante non in un regista di esperienza. Amici e amanti, Michael e Johnny sono assieme fino dall'infanzia. Passano il loro tempo ad andare con lo skate board in giro per Città del Messico guadagnando denaro facile vendendo il loro sangue sul mercato illegale. L’attività diventa business fino a quando una operazione, in cui hanno coinvolto decine di donatori, non va come previsto e Michael è mandato fuori città da sua madre che spera possa iniziare una nuova vita lontano dall’amico. Così non è. Personaggi grotteschi, soluzioni narrative non supportate dalla sceneggiatura, l’ostentazione dell’omosessualità vista solo nell’esteriorità sessuale, rendono il film noioso e, a tratti, poco sopportabile.
NN-Sin-Identidad-posterNN del peruviano Héctor Gálvez vuole raccontare il dopo desaparecidos attraverso il ritrovamento dei resti di un uomo. Saldamente costruito, ottimamente interpretato da Paul Vega, è un onesto prodotto a cui si assiste senza troppe recriminazioni. Il regista, la cui opera prima Paraíso (Paradiso, 2009), era stata presentato in prima mondiale nella sezione Orizzonti della Mostra di Venezia, dimostra di conoscere il mestiere e, pur utilizzando alcune divagazioni poco logiche, racconta in maniera corretta una storia che emoziona ma non cade mai nel melò. I resti di un uomo sui trent’anni di, cui non si conosce l’identità, sono stati esumati, ma l’identificazione appare quasi impossibile. Il gruppo di studio, capitanato da un medico legale, non si limita alla parte medica, ma si occupa anche di quella investigativa. L’unica traccia che possono seguire è scoprire chi raffigura una foto che il morto aveva nel taschino della camicia: una ragazza sorridente sui venti anni. Si presenta una donna convinta possa essere il marito scomparso nel nulla nel gennaio del 1988 e il medico cerca di aiutarla a trovare una nuova identità di vita. L’aiuta dandole la possibilità di seppellire i resti di un uomo che lei è convinta essere il marito.
El club (Il club) di Pablo Larraín è fino ad ora il film più interessante presentato nella sezione ufficiale. Il trentanovenne cileno è nome che ha saputo imporsi in pochi anni sulla scena internazionale del cinema dopo essere stato molto premiato per la sua attività nella pubblicità. E’ una forza della natura, un autore che ha saputo imporre la sua firma stilistica anche quando ha prodotto per la HBO la serie Profugos (Profughi) sulla situazione di chi deve fuggire dalla Patria per non soccombere. Conosciuto soprattutto per il bellissimo Tony El Club-poster1Manero (2010) – il suo protagonista Alfredo Castro è tra gli interpreti di questo nuovo film – tratta sempre temi difficili e scomodi con bravura assoluta. Parla di quattro uomini che vivono isolati in una piccola casa di una città costiera. Ognuno di loro ha commesso un peccato, ed è diventato prigioniero della propria identità. Ora vivono seguendo rigide regole, sotto l'occhio vigile di una donna che si prende cura di loro. La fragile stabilità della routine viene interrotta dall'arrivo di un quinto uomo, un nuovo compagno di sventure, che porta in primo piano un passato che tutti credono essere ormai dimenticato. I quattro sono preti accusati di pederastia, di rapimento e commercio di neonati, di omosessualità su minorenni e così via. La donna è una suora che ha qualcosa da nascondere, l’uomo che crea lo scompenso è un nuovo arrivato di cui poco si sa ma che viene riconosciuto da un pescatore del luogo come il suo violentatore quando aveva otto anni e, per la vergogna, l’ex prete si suicida. Tutto questo accade nei primi minuti; man mano il dramma – seppure a tratti con atmosfere da commedia – si sviluppa a causa dell’arrivo di un gesuita, psicologo, che indaga su quella morte. Sceneggiatura perfetta, attori ai massimi livelli. Ha vinto l’Orso d’argento alla Berlinale - Gran Premio della Giuria.