06 Maggio 2009
Il bilancio del cinema nel 2008

La sostanza è che il settore, nel complesso, ha avuto maggiori risorse, si pensi, solo per fare un esempio che esse, globalmente considerate, nel 2006 erano inferiori di oltre un quinto rispetto alle attuali (257,3 milioni di euro). Qui sta la prima ragione dellaumento della produzione, sia di quella totalmente nazionale, sia di quella legata ad accordi fra produttori di varie nazioni. Un altro dato interessante riguarda il rapporto fra le iniziative, interamente nazionali, che si sono rette su contributi pubblici (41 contro 29 del 2007) e quelle realizzate facendo leva solo su investimenti privati (82 contro 61). Queste ultime sono il doppio delle prime a testimoniare lesistenza di unimprenditoria vivace e disposta a rischiare anche in proprio. Inoltre, anche se manca unindagine specifica, si può ipotizzare che buona parte di queste nuove produzioni appartengano a quella che è definita larea delle iniziative a bassa capitalizzazione. Infatti, nel 2008, sono state ben 29 (5 lanno precedente) le produzioni costate meno di 200 mila euro. In questi casi si può immaginare iniziative in cui le ragioni imprenditoriali si mescolano, in modo quasi inestricabile, con quelle legate allurgenza despressione artistica e di ricerca. Autori, sceneggiatori, tecnici che si trasformano in produttori non trovando altra via per far arrivare in porto ciò che sognano di realizzare. Da notare che la media dinvestimenti per film continua a essere piuttosto alta: oltre i due milioni di euro in totale, con una punta di quasi 4 milioni e 300 nel caso delle produzioni più ricche, quelle sopra il milione e mezzo di bilancio. Per quanto riguarda i generi cui si dedica la produzione nazionale, i materiali messi a disposizione dallANICA non sono di grande aiuto poiché utilizzano categorie (commedia, drammatico, thriller...) certamente generiche che non consentono di capire a fondo le tendenze maggioritarie del settore. Sembrerebbe esistere, ad esempio una forte propensione verso il cinema drammatico ben oltre a quello di commedia (72 titoli contro 52) il che sconcerta non poco e fa sospettare che la classificazione sia stata fatta inserendo nella prima categoria anche opere sostanzialmente daltro registro. Per cogliere landamento del mercato è meglio affidarsi alla classifica dei venti maggiori successo. In questo caso si nota, ad esempio, che i titoli di buona qualità culturale non sono più di quattro: Io sono leggenda (I Am Legend, 2007) di Francis Lawrence, Gomorra (2008) di Matteo Garrone, American Gangster (2007) di Ridley Scott e Il cacciatore di aquiloni (The Kite Runner, 2007) di Marc Forster. In altre parole lo spettacolo cinematografico di successo continua a essere segnato dal cinema di commedia e solo a distanza da quello di maggior interesse culturale. Per quanto riguarda i 20 film italiani che hanno ottenuto proventi superiori ai due milioni di euro, pari al costo medio di una produzione nazionale, meno della metà aveva caratteristiche culturalmente interessanti o di originalità stilistica. E questa una nuova conferma del carattere ludico del cinema di successo. Passando a esaminare il settore della distribuzione si ha conferma della forte concentrazione degli incassi: bastano quattro aziende, due americane (Universal/UIP e Warner Bros. Italia) e due italiane (Medusa e 01 Distribution) per raggruppare quasi il 60 per cento degli introiti, le altre quattordici ditte attive sul mercato a livello nazionale raccolgono quote minime. Fra queste ultime ci sono anche importanti succursali delle major hollywoodiane, un tempo in posizione dominante e oggi, ciascuna per le sue ragioni, notevolmente ridimensionata. Da notare, poi, che le due ditte nazionali sono altrettante sezioni di gradi aziende televisive che sinteressano assai più al piccolo schermo e ai prodotti che vi circolano che non al cinema vero e proprio. Del resto, come nota lo stesso studio in altra parte, sono sempre meno e più vecchi, età media di riferimento 1950 1979, i film che passano sugli schermi della televisione generalista. Il punto in cui il mercato presenta le note più dolenti è sul versante del consumo. Fra il 2007 e il 2008 il cinema ha perso quasi 24 milioni e 400 mila euro diincassi e 4 milioni e 200 mila biglietti. Percentualmente cè stato un calo attorno al 4 per cento. Se andiamo a vedere, poi, come si sono distribuiti questi spettatori, scopriamo che i maggiori multiplex con più di sette schermi hanno ottenuto il 54 per cento degli incassi e coinvolto il 52 per cento del pubblico. Questo circuito, tuttavia, rappresenta solo il dieci per cento dei cinema e il 38 per cento degli schermi. Tutti questi dati sono in crescita fra il 2007 e il 2008. E facile dedurne che oggi il cinema, non solo ha perso ogni contatto con un territorio diffuso, ma si è anche ulteriormente concentrato in una cinquantina di punti, spesso legati a grandi centri acquisti. E questa una conseguenza negativa, molto negativa di quella liberalizzazione senza cautele o controlli avviata dal primo governo di centrosinistra. Dire che oggi il cinema è qualche cosa dimparagonabile a ciò che è stato storicamente, è ripetere una cosa ovvia, solo che sembra che quasi nessuno ne tenga conto, quantomeno in rapporto alle possibilità dinvenzione e innovazione stilistica di un mezzo di comunicazione che oggi soffre una crisi culturale ancor più grave di quella economica.
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