Il mondo del giornalismo, assunto a esempio di coraggio di reporter ed editori che sfidano il potere, da quello politico a quello criminale, è uno dei punti di forza del cinema americano sin dai tempi de L'ultima minaccia (Deadline - 1952) di Richard Brooks.
Alla lista si aggiunge ora Steven Spielberg con The Post. Il titolo cita il modo confidenziale con cui si richiama la testata del The Washington Post, il più diffuso (circa 475 mila copie) e antico giornale di Washington. La testata ebbe un ruolo fondamentale nella caduta di Richard Nixon (1913 – 1994), prima con la pubblicazione dei Pentagon Papers (documenti del Pentagono), materiale top-secret di 7000 pagine del Dipartimento della Difesa che conteneva uno studio approfondito sulle strategie e i rapporti del governo federale con il Vietnam nel periodo che va dal 1945 al 1967, e poco dopo, nel 1972, con il famoso scandalo Watergate in cui ebbero un ruolo fondamentale i giornalisti Bob Woodward e Carl Bernstein. Il regista racconta la prima parte di questo doppio scontro con la presidenza degli Stati Uniti, un conflitto legato alla pubblicazione dei documenti che confermavano la conoscenza da parte dei governi succedutisi nel tempo dei costi umani e dell’impossibilità di vincere la guerra asiatica. Il film segue gli eventi, testimonia il coraggio del direttore Ben Bradlee e la forte tempra, seppure tra molti dubbi, dell’editrice Katharine Graham che aveva ereditato la testata dal marito ed era una delle poche donne attive nel mondo dell’editoria. È un film lineare nel senso migliore del termine, un ripasso di storia contemporanea per gli spettatori con i capelli bianchi e un’informazione preziosa per i più giovani.