Anna Seghers, pseudonimo di Netty Reiling (1900 – 1983), è stata una scrittrice tedesca, ebrea e comunista, che ben conosceva i problemi dell'illegalità . Non a caso immaginò uno dei sui libri più noti, Transit (in Italia Visto di transito, Edizioni di cultura sociale 1953) mentre era in fuga dalle truppe tedesche nella Francia del sud.
Da questo libro ha preso spunto il regista Christian Petzold per il film La donna dello scrittore di cui si deve sottolineare un pregio: aver riportato l’ambientazione ai giorni nostri, in una Marsiglia in cui una varia umanità si aggira paurosa in attesa di un’armata fascisto – tedesca che, dopo aver occupato Parigi, si appresta a scendere verso la sponda mediterranea. In questo modo una storia di persecuzione diventa una metafora di tutte quelle che allignano nei nostri giorni. Nel film la caccia è data i dissidenti che hanno abbandonato la Germania, in particolare, ma non esclusivamente, agli ebrei. In questa atmosfera assolata, ma psicologicamente cupa di svolge una storia d’amore fra un profugo che ha assunto, per sfuggire agli aguzzini, l’identità di uno scrittore della cui morte è stato testimone. Il romanziere ha già ricevuto il gradimento per l’esilio in Messico, il cui governo gli ha anche assegnato una somma di denaro per le prime necessità. A Marsiglia, dove deve restare per qualche giorno in attesa del visto di transito per gli Stati Uniti (non ci sono navi che vadano direttamente nella sua terra d’esilio) ritrova la sua ex moglie che ora vive con un pediatra e si rinnamora di lui. Una storia sentimentale dal finale tragico. Il regista commette un solo grave errore, ricorre ad un uso smodato della voce fuori campo, traendola direttamente delle pagine del romanzo ma appesantendo decisamente il racconto cinematografico. Un difetto che non compromette il bilancio complessivo dell’opera, ma che vi insinua quel tanto di negatività che le impediscono di essere quel film perfetto che avrebbe potuto essere.