Andrea Camilleri (1925) ha pubblicato Il Re di Girgenti nel 2001 prendendo spunto da un libricino (Agrigento di Antonino Marrone) incontrato casualmente e da una sua ricerca sul passato della città siciliana non lontana dal luogo in cui è nato.
E’ l’unico volume interamente scritto in siciliano dall’inventore del Commissario Montalbano e racconta il breve regno, solo alcuni giorni nel 1718, del contadino Michele Zosimo, eletto monarca della città dagli agrigentini nel corso delle guerre fra piemontesi e spagnoli seguite alla pace di Utrecht (1713). Il prestante viddanu è usato, dapprima, dal duca Pes y Pes per mettere in cinta la duchessa, sua moglie, in cambio della liberazione dal carcere dove era rinchiuso con l’accusa di aver aiutato a morire il principe Filippo Pensabene che voleva togliersi la vita oppresso dall’aver perso al gioco l’intera sua fortuna. Dopo qualche anno Michele sarà tradito dai nobili a cui aveva dato fiducia e dall’indifferenza dei contadini che lo avevano appena eletto monarca. Finirà sul patibolo tenendo in mano il filo di un aquilone, simbolo dell’immortalità del suo spirito. Massimo Schuster e Fabio Monti hanno realizzato una versione teatrale di questo libro ricorrendo a canzoni, marionette e poco altro. Ne è nato uno spettacolo avvincente, teso, commuovente. E’ la radiografia di un sogno di libertà che nasce dalle miserabili condizioni di un popolo. Un quadro terribile e poetico in cui la fama si sposa con l’umanità dei poveri, la ricchezza con l’arroganza e la doppiezza dei potenti. In questo lo spirito dello scrittore è colto in pieno, mettendo in luce ancora una volta come Andrea Camilleri sia tutt’altro che un autore di romandi di pura evasione.