Quattro buffe storie riunisce altrettanti atti unici di Luigi Pirandello (1867 – 1936) e Anton Pavlovič Čechov (1860 – 1904). Del primo sono stati scelti Cecè (1913) e La patente (1918), di cui si ricorda una memorabile interpretazione di Totò nel film Questa è la vita (1954) per la regia di Aldo Fabrizi (1905 - 1990), Giorgio Pàstina (1956), Mario Soldati (1906 - 1999) e Luigi Zampa (1905 - 1991), del secondo Una dichiarazione di matrimonio (1888) e Fa male il tabacco (1903).
Non esiste un filo logico o tematico che leghi questi pezzi, se non il gusto di fare teatro mettendo assieme ironia e pietas, sberleffo e profonda comprensione per gli umiliati e offesi. Queste ultime caratteristiche emergono con forze nell’ultimo atto unico in cui un poveraccio è costretto a tenere un’improbabile conferenza scientifica sui danni del tabagismo da una moglie, sempre invisibile, dispotica e avara. E’ l’occasione per un pezzo di bravura, davvero memorabile, che permette a Glauco Mauri, a ottantasei anni, di mostrare che cosa sia la recitazione e il teatro con la T maiuscola. E’ accanto a questo vero e proprio mostro della scena un bravissimo Roberto Sturno, il cui ambiguo Cecè e il lunatico pretendente cechoviano mescolano ironia e patetismo, sferzante satira sociale e demenzialità al limite del surreale. In altre parole un testo che offre una vera e propria palestra di recitazione per attori ormai entrati nelle cronache dell’arte scenica.